COME SEMPRE DIVULGO.....COME SEMPRE NON RIUSCIRO' A VEDERE LA MOSTRA....ASPETTO IL SUO APPRODO A BRESCIA!
"I frammenti del Giappone tradizionale di Karmen Corak descrivono un universo che offre una ricercata unità complessiva, pur soggiacendo alle dovizie di particolari, con cui indicare la mutevolezza dell’incessante divenire.
La sua indagine intende esprimere la vera essenza della natura, attraverso quei dettagli che nascondono sempre l’inesprimibile. Immagini intese come tracce di memoria, perché contengono un significato più profondo, che impone una digressione sulla vita culturale e spirituale dei giapponesi. Il suo è un viaggio visivo che si confonde con la forza del segno, allusivo ed evocatore, di un codice simbolico. Penetra dentro il mondo giapponese, che ama per carpire l'essenzialità del wabi sabi, quella capacità dell’uomo di riprodurre la complessa semplicità della natura: è un'esperienza artistica che è sempre in continuo mutamento, la riproduzione di un’armonia estetica ma profondamente umana. La forza del simbolo permette cosi di andare al di là della percezione sensoriale per
cogliere il vigore del suo profondo valore universale. Wabi sabi è tendenza verso la perfezione che passa attraverso il culto dell'imperfezione, perché, per i giapponesi, la bellezza assoluta coincide con il senso della caducità. Karmen Corak, da osservatrice privilegiata, cerca di rievocare i cardini del pensiero estetico del Giappone antico che le sue immagini inseguono con naturalezza. “È come una sera d'autunno, sotto una distesa incolore di cielo in silenzio. In qualche modo, come se per qualche motivo che dovremmo essere in grado di ricordare, lacrime scendono incontrollabili” (Kamo no Chōmei , Hōjōki, Ricordi della mia capanna, 1212) Marco Meccarelli
Le fotografie sono stampate su washi, carta giapponese realizzata da maestri cartai Futoshi Umeda e Masao Seki."
Da sempre l’uomo è attratto da ciò che è estraneo alla sua quotidianità; attrazione, questa, legata spesso alla paura: preoccupazione per quello che potrà incontrare lungo il percorso allontanandosi dalla dimensione conosciuta e timore reverenziale per ciò che lo attende al termine del cammino.
Un secolo di “nigrizia” pubblicitaria tra sorrisi e pregiudizi di Michele Rapisarda.
Ci sono argomenti iconografici curiosi e affascinanti, di cui non è sempre facile dare una lettura storica e al tempo stesso “politicamente corretta”. I “mori” come simbolo esotico erano già presenti nelle insegne commerciali (blackmoor’s head e black boy) dell’Inghilterra del xviii secolo (Ambrose Heal “Sign-boards of Old London shops”, Portman Books, London, 1988). Un’usanza destinata ad avere fortuna anche in Italia se, ancora nel 1848, Paolo Bonomi, commerciante di “ogni sorte di panni…” in Milano, stampava sulla sua carta intestata l’insegna del moro, con turbante e pennacchio.
L’autoritratto involontario di un protagonista di mezzo secolo breve di Alessandro Scarsella.
Si tratta di una specie di agenda-promemoria redatta a trama fitta che occupa ,seguendo la cronologia di ogni anno,il cinquantennio 1896-1946. L’impianto sembra obbedire, riga su riga e una pagina dopo l’altra a un disegno quasi intimistico, nella misura in cui vi si intrecciano il destino privato della prima persona alla tragedia sovraindividuale del suo tempo,e fino alla svolta epocale del ’46 che cancellerà l’ordinamento monarchico dello stato italiano.
Le collane della “Grande Sansoni” fra tradizione e book design di Mauro Chiabrando.
Dicevano i latini: nomen omen. Nel caso di Giulio Cesare Sansoni, fondatore dell’omonima casa editrice fiorentina nel 1873, nel nome c’erano tutti i presagi di straordinarie imprese.
Eneidi figurate dei secoli XVI e XVII di Ferruccio D’Angeli e Raffaele D’Angeli.
Ci occupiamo qui dell’Eneide che fa parte dell’Opera Omnia di Virgilio, illustrata sotto la direzione di Sebastian Brant, e accenniamo ad alcune altre edizioni dell’Eneide, figurate e non, tra le innumerevoli stampate in Europa nei secoli XVI e XVII.
Willam Nicholson, grande print-maker vittoriano di Santo Alligo.
Magnifico ritrattista, straordinario pittore di nature morte e personalissimo paesaggista William Nicholson deve la sua fama internazionale a un pugno di volumi pubblicati dal 1898 al 1902.
Piatti e ricette del giallo italiano contemporaneo di Loris Rambelli. In Italia, l’idea di abbinare la narrativa poliziesca al cibo fu lanciata in un originale convegno dal titolo Il delitto è servito, tenutosi a Piombino il 15 maggio 1993, organizzato dalla Coop Toscana Lazio e dalla rivista “Nuovo Consumo”. Gli atti, Crimini di gola. Il cibo nella letteratura gialla, con interventi di scrittori, critici, persino di un noto docente universitario esperto di storia e cultura dell’alimentazione, vennero pubblicati nel dicembre 1994.
Le xilografie di Robert Louis Stevenson e la Davos Press di Edoardo Fontana. Gli Stevenson, Robert Louis la moglie Frances Matilda Van de Grift (Fanny) con il figlio avuto dal precedente marito, Samuel Lloyd Osbourne, giunsero a Davos-Platz il 18 di ottobre del 1881… Robert Louis non se la passava bene per gli standard borghesi dell’epoca… Lloyd aveva una devozione e un amore sviscerati per il patrigno… Con la risoluzione che solo l’entusiasmo per una vita piena di futuro può concedere decise che sarebbe stata la tipografia a rendere meno povera la sua famiglia.
Due stampe di Jean-Auguste-Dominique Ingres di Licia Zorzella. L’artista è conosciuto principalmente come pittore, attivo in Francia in pieno periodo Romantico; allievo di Jacques-Louis David, ne seguì lo storicismo neoclassicista, sino al suo avvento a Roma, dove poté vedere l’arte Rinascimentale italiana.
Ultima Thule. Nel regno dei cannibali di Piero Falchetta