Il primo manifesto su cui misi
le mani all’inizio della mia carriera professionale fu, nel 2000, proprio una
cromolitografia di Dudovich, della serie “MELE”. Apparteneva alla Civica
Raccolta delle Stampe “A. Bertarelli”. Negli anni mi sono presa cura di decine
di pezzi appartenenti a questa inestimabile collezione milanese, secondo
metodologie di intervento variate di poco. Sempre diversi, invece, i degradi a
cui far fronte. Seppur simile, infatti, ogni manifesto presenta caratteristiche
e degradi specifici, e così i lavori effettuati sui sei esemplari, da me
restaurati in occasione della mostra “Marcello Dudovich, fotografie fra arte e
passione“, sono stati tra loro differenti.
I manifesti pubblicitari nascono
come effimere immagini in carta, a supporto dello sviluppo dell’industria e del
commercio, e sono condizionate dalle tendenze estetiche e dell’arte. Questi
volubili aspetti stimolano il fermento creativo, ma al tempo stesso ne condizionano
la durabilità nel tempo. I cartelloni pubblicitari sono, infatti, comunicazioni
transitorie e immediate, destinate a essere presto sostituite da altre, più attuali.
Il fine espositivo e attrattivo, inoltre, necessita che la loro distribuzione sia in numero pressoché illimitato e ottenuta a basso costo. Tutte queste caratteristiche convogliano nell’uso di carte di bassa qualità e nel metodo di stampa che ne permetta altissime tirature: la litografica. Gli unici costosi vezzi consentiti sono l’uso del colore (nello specifico si parla quindi di cromolitografie), e la progettazione artistica affidata a grandi nomi dell’arte e della comunicazione. L’immagine e il messaggio commerciale devono, infatti, colpire massivamente l’osservatore inducendolo all’acquisto del bene o dell’evento reclamizzato: per raggiungere questo fine si deve puntare sulla quantità e sulla qualità artistica, a scapito di quella materica. Queste ponderate e finalizzate caratteristiche originali, sono diventate un limite con il cambio d’approccio, ovverosia nel momento in cui è si è passati da manifesto come “oggetto effimero d’uso”, a manifesto come “opera da collezionare”. Questo diverso e nuovo punto di vista fa sì che l’affiche venga accumulata, talvolta esposta, ma per lo più conservata. In poche parole bisogna “farla durare nel tempo”. Come premesso, però, questo aspetto non è stato contemplato nella loro progettazione e realizzazione e non viene, nel tempo, modificato. Così, i supporti cartacei utilizzati rimangono costituiti da pasta chimica o pasta a legno, contengono altre impurità o sostanze chimiche che nel tempo portano a una diminuzione della resistenza meccanica del foglio, e ad alterazioni cromatiche: la carta s’infragilisce e perde il suo l’equilibrio estetico. Queste modificazioni vengono accelerate da fattori estrinsechi: così l’esposizione ai raggi UV innesca reazioni di fotossidazione, visibili in ingiallimenti; l’elevata umidità relativa induce la prolificazione d’attacchi microbiologici e, in ambienti acidi, processi di idrolisi. A peggiorare una situazione già precaria, si sommano altri elementi, quali le grandi dimensioni; le poco ortodosse modalità di affissione; l’azione degli agenti atmosferici; gli stress meccanici da inoculata movimentazione; le riparazioni fai da te. Per questo troviamo manifesti naturalmente degradati le cui condizioni sono ulteriormente peggiorate da piegature per ridurne le dimensioni, dilavamenti, lacune e strappi liberi o suturati con metodi e materiali inadatti alla conservazione, insieme a montaggi scorretti su tela o su altri supporti rigidi. Da sottolineare come l’attività dell’uomo determini svariati danni, per questo motivo è bene affidare tali manufatti nelle mani di restauratori specializzati, nella salvaguardia di opere d’arte su carta, professionisti formatisi a trattare questi oggetti, impiegando metodi e materiali studiati per essere durevoli, inerti rispetto al materiale cartaceo e facilmente removibili nel lungo termine.
Il fine espositivo e attrattivo, inoltre, necessita che la loro distribuzione sia in numero pressoché illimitato e ottenuta a basso costo. Tutte queste caratteristiche convogliano nell’uso di carte di bassa qualità e nel metodo di stampa che ne permetta altissime tirature: la litografica. Gli unici costosi vezzi consentiti sono l’uso del colore (nello specifico si parla quindi di cromolitografie), e la progettazione artistica affidata a grandi nomi dell’arte e della comunicazione. L’immagine e il messaggio commerciale devono, infatti, colpire massivamente l’osservatore inducendolo all’acquisto del bene o dell’evento reclamizzato: per raggiungere questo fine si deve puntare sulla quantità e sulla qualità artistica, a scapito di quella materica. Queste ponderate e finalizzate caratteristiche originali, sono diventate un limite con il cambio d’approccio, ovverosia nel momento in cui è si è passati da manifesto come “oggetto effimero d’uso”, a manifesto come “opera da collezionare”. Questo diverso e nuovo punto di vista fa sì che l’affiche venga accumulata, talvolta esposta, ma per lo più conservata. In poche parole bisogna “farla durare nel tempo”. Come premesso, però, questo aspetto non è stato contemplato nella loro progettazione e realizzazione e non viene, nel tempo, modificato. Così, i supporti cartacei utilizzati rimangono costituiti da pasta chimica o pasta a legno, contengono altre impurità o sostanze chimiche che nel tempo portano a una diminuzione della resistenza meccanica del foglio, e ad alterazioni cromatiche: la carta s’infragilisce e perde il suo l’equilibrio estetico. Queste modificazioni vengono accelerate da fattori estrinsechi: così l’esposizione ai raggi UV innesca reazioni di fotossidazione, visibili in ingiallimenti; l’elevata umidità relativa induce la prolificazione d’attacchi microbiologici e, in ambienti acidi, processi di idrolisi. A peggiorare una situazione già precaria, si sommano altri elementi, quali le grandi dimensioni; le poco ortodosse modalità di affissione; l’azione degli agenti atmosferici; gli stress meccanici da inoculata movimentazione; le riparazioni fai da te. Per questo troviamo manifesti naturalmente degradati le cui condizioni sono ulteriormente peggiorate da piegature per ridurne le dimensioni, dilavamenti, lacune e strappi liberi o suturati con metodi e materiali inadatti alla conservazione, insieme a montaggi scorretti su tela o su altri supporti rigidi. Da sottolineare come l’attività dell’uomo determini svariati danni, per questo motivo è bene affidare tali manufatti nelle mani di restauratori specializzati, nella salvaguardia di opere d’arte su carta, professionisti formatisi a trattare questi oggetti, impiegando metodi e materiali studiati per essere durevoli, inerti rispetto al materiale cartaceo e facilmente removibili nel lungo termine.
Le fasi di restauro delle opere in mostra e prestate dalla Raccolta
Bertarelli di Milano
Come premesso, il corpus presentava
opere eterogenee: due opere già in ordine e incorniciate, ma da rendere più
sicure; un manifesto incorniciato, ma da spolverare; una locandina già correttamente
restaurata e solo da tensionare su telaio e incorniciare; un’affiche su cui
eseguire un minimo intervento conservativo, da montare su telaio e incorniciare,
e un’ultima, di elevato formato, da restaurare completamente, intelaiare e
incorniciare.
L’opera più ammalorata riassume le maggiori attività che svolgo nel restauro di manifesti pubblicitari, pertanto, focalizzerò su di essa la descrizione delle varie fasi, a partire dallo stato di conservazione. Premessa necessaria all’esecuzione degli interventi è, infatti, l’analisi particolareggiata delle opere, lo studio della tecnica di realizzazione e la valutazione della fragilità del supporto cartaceo.
Prima dell’intervento
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L’opera più ammalorata riassume le maggiori attività che svolgo nel restauro di manifesti pubblicitari, pertanto, focalizzerò su di essa la descrizione delle varie fasi, a partire dallo stato di conservazione. Premessa necessaria all’esecuzione degli interventi è, infatti, l’analisi particolareggiata delle opere, lo studio della tecnica di realizzazione e la valutazione della fragilità del supporto cartaceo.
Crocino di registro _ ingrandimento |
L’opera consiste in una cromolitografia a quattro
colori, stampata su due diversi fogli di carta a macchina, tra loro giuntati a
formare un'unica superficie di 200x140 cm. Il manifesto versa in un mediocre
stato di conservazione, nonostante sia stato oggetto di un passato intervento
di restauro, eseguito, purtroppo, con metodologie e materiali inadatti alla sua
corretta salvaguardia. Seppur correttamente foderato con una carta giapponese, e quindi intelato
con un tessuto leggero di cotone, chi ha eseguito l’intervento ha usato fogli
troppo spessi e per l’incollaggio ha impiegato un adesivo granuloso e lucido,
di probabile natura sintetica, senza l’esclusione di un termoplastico. La
foderatura, inoltre, presentava deadesioni e distacchi dal manifesto, con
conseguente instabilità della stessa; la tela, invece, era stropicciata, mal
incollata e sporca. La superficie al
recto era caratterizzata da uno spesso strato di polvere, ingiallita e
macchiata, soprattutto in prossimità del margine laterale destro, da impronte
digitali. Il supporto cartaceo, già di per sé di
pieghe
e distorsioni della carta, piccole macchie di foxing, tela sovrammessa all’originale |
Particolare dell’adesivo che incollava la foderatura alla carta originale_ingrandimento (25x) |
Si è proceduto secondo le seguenti fasi:
Pulitura a secco della superficie a rimuovere la polvere presente impiegando gomme morbide (wishab) e gomme matita in corrispondenza di strappi e di depositi grigi |
Rimozione a secco della tela di cotone incollata al verso del manifesto |
“Trucioli” di carta di foderatura, rimossi meccanicamente con l’uso di un bisturi |
Ripulita la superficie, sono stati allontanati tutti gli elementi facilmente removibili, come la tela applicata al verso, che grazie al substrato di carta giapponese si è staccata a secco, facilmente. Come di prassi si è eseguita la prova di solubilità degli inchiostri, delle carte e dei collanti ai vari liquidi che ci si proponeva di usare, per rimuovere la foderatura e la tela a copertura della carta al recto. Sebbene i colori non avessero problemi di solubilità, tale prova ha evidenziato che, una volta bagnata, la forza della pesante carta di fodero era preponderante sulla resistenza di quella costituente l’opera. Pertanto, anche la carta è stata asportata a secco, con l’ausilio di un termocauterio caldo e di un bisturi usato per sfogliare pian piano il substrato incoerente. Una volta che il manifesto è stato libero dalla foderatura, si è dovuto rimuovere l’adesivo,
Rimozione
a bisturi dei residui di carta di foderatura aiutandosi con una lampada di
Wood, che evidenzia i frammenti non coerenti con l’originale e rimasti dai precedenti interventi |
in parte a secco e in parte a umido, grazie a impacchi di gel rigidi miscelati a solventi adeguati
Velinatura del recto con tessuto non tessuto leggero e
metilcellulosa diluita in acqua demineralizzata
|
a porsi tra carta e tessuto, mitigando le differenze di natura tra i due materiali. In fase di foderatura sono stati suturati gli strappi, mentre le lacune sono state risarcite, successivamente, impiegando carta giapponese di adeguata grammatura e di colorazione neutra. A ridare continuità all’immagine, in ultimo, si è eseguito il ritocco pittorico, effettuato con matite e pastelli colorati su strappi e abrasioni; e con acquarelli sui rattoppi in carta giapponese. Sono state impiegate tecniche pittoriche diverse per garantire la removibilità dell’intervento: matite e pastelli si cancellano con il semplice passaggio di una gomma, acquarelli rimuovendo la toppa in carta. Anche tutti gli adesivi impiegati sono facilmente solubilizzabili.
....per vedere l'opera finita:
MARCELLO DUDOVICH, fotografare per arte e per passione
fino al 16.02.2020 c/o m.a.x museo, Chiasso, via Dante Alighieri, 6
dall'11 marzo c/o Ex scuderie castello Miramare, Trieste, via Miramare
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