AL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
e p.c.
al Presidente del Consiglio dei Ministri
al Ministro dell’Economia e delle Finanze
al Ministro per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo
Signor Ministro,
a seguito della mancata inclusione del codice ATECO 90.03.02 (attività di conservazione e restauro di opere d’arte) nell’elenco dei codici di cui all’allegato 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 del 27 aprile 2020, e in considerazione del fatto che ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del d.p.c.m. medesimo tale elenco “puo' essere modificato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze”, la scrivente Associazione di categoria, in rappresentanza dei propri associati e nell’interesse di tutti i restauratori di beni culturali e dei tecnici del restauro operanti nel settore, pone quanto segue alla Sua attenzione.
Onde evitare che la presente possa intendersi come manifestazione di disappunto per la scelta politica effettuata e mera petizione che qualunque altra categoria di lavoratori esclusi dall’allentamento del lockdown potrebbe più o meno legittimamente avanzare nell’attuale momento storico, sottoponiamo responsabilmente a Lei le nostre argomentazioni per ottenere un intervento risolutore, al fine di superare la prevista sospensione sull’intero territorio nazionale, tra le altre, anche delle attività di conservazione e restauro di opere d’arte.
Esaminato il documento (inizialmente riservato) recante valutazione dei rischi di diffusione epidemica per la malattia COVID-19 associata a diversi scenari di rilascio del lockdown introdotto l’11 marzo sul territorio nazionale (predisposto dal Comitato Tecnico-Scientifico istituito presso il Dipartimento della Protezione Civile), sulla base del quale si presume siano state effettuate le ultime scelte politiche, abbiamo contezza delle raccomandazioni ivi contenute, in particolare della “necessità di mantenere elevata l’attenzione”.
Nondimeno, abbiamo appreso che il Comitato si è pronunciato espressamente nel senso della possibilità di “attivare i seguenti settori ATECO a patto che vengano adottate tutte le misure di distanziamento sociale e di igiene personale ed ambientale:
1. settore manifatturiero;
2. settore edilizio;
3. settore commercio correlato alle precedenti attività e con, in fase iniziale, l’esclusione delle situazioni che generano forme di aggregazioni (es. mercati e centri commerciali);
4. Trasporto locale correlato alle attività di cui ai punti 1, 2 e 3”, settori per i quali si escludono particolari aumenti dei cd. contatti in comunità;
e che lo stesso ha anche osservato che “nella maggior parte degli scenari di riapertura dei soli settori professionali (in presenza di scuole chiuse), anche qualora la trasmissibilità superi la soglia epidemica, il numero atteso di terapie intensive al picco risulterebbe comunque inferiore alla attuale disponibilità di posti letto a livello nazionale (circa 9000)”.
Ebbene, se in base alle stime che si prospettano le attività rientranti nel settore manifatturiero e in quello edilizio ben possono essere autorizzate per via della trasmissibilità ridotta che le caratterizza, al pari delle attività dei vari settori professionali, lo stesso dovrebbe valere per le attività tecnico-professionali esercitate nell’ambito del restauro dei beni culturali, attività da sempre caratterizzate - con l’eccezione dei grandi cantieri di restauro - da limitati contatti tra gli operatori, i quali eseguono le lavorazioni previste presso i propri laboratori o in cantieri all’aperto o al chiuso (similmente ai piccoli cantieri edili).
Trattandosi prevalentemente di ditte individuali e di piccole e medie imprese, e comunque di lavoratori abituati all’utilizzo di dispositivi di protezione individuale per l’esigenza di proteggere la propria salute e di operare nel rispetto della normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro (di cui al d. lgs. 81/2008), mal si comprende l’esclusione delle attività di conservazione e restauro di opere d’arte, e di ogni altra attività afferente al settore del restauro dei beni culturali, dall’elenco di cui all’allegato 3 dell’ultimo d.p.c.m.
E ciò per due ordini di ragioni.
In primo luogo, per il fatto che attività a più alto tasso di trasmissibilità della malattia sono state autorizzate, e per il fatto che parimenti autorizzate risultano attività simili a quelle in questione.
In secondo luogo, per il fatto che è stato finora trascurato un aspetto molto importante, e cioè che l’articolo 9 della nostra Costituzione - ricompreso tra i Principi fondamentali - sancisce espressamente che la Repubblica “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione”, tutela che - come è noto - avviene anche attraverso le attività di conservazione di cui all’articolo 29 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), in particolare attraverso gli “interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici”, che si sa “sono eseguiti in via esclusiva da coloro che sono restauratori di beni culturali ai sensi della normativa in materia” (v. art. 29, co. 6, d. lgs. 42/2004).
In più, si rammenta che la disciplina legislativa vigente (v. art. 30, d. lgs. 42/2004) prevede obblighi conservativi in capo allo Stato, alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali, oltre che in capo alle persone giuridiche private senza fine di lucro (ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti) e ai privati proprietari, possessori o detentori di beni culturali, tutti tenuti a garantirne la conservazione.
Pertanto, se si tiene conto del fatto che il restauro e gli altri interventi conservativi su beni culturali ad iniziativa del proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo sono autorizzati ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (v. art. 31, co. 1, d. lgs. 42/2004); che il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo può imporre al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo gli interventi necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali (v. art. 32, co. 1, d. lgs. 42/2004); e che la legislazione vigente prevede un ampio sistema sanzionatorio (con sanzioni amministrative e penali) per tutti i casi di violazione della normativa posta a tutela del patrimonio culturale (v. artt. 160-181 del d. lgs. 42/2004, oltre alle norme del codice penale), va da sé che le attività di conservazione e restauro di opere d’arte non possono essere considerate come semplici attività economiche, potendo rientrare a pieno titolo - per il vincolo imposto dalla Carta costituzionale - tra le attività particolari la cui prosecuzione occorre necessariamente garantire.
Di ciò potrà dare conferma, ove ve ne fosse bisogno, il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, a cui la presente è inoltrata per conoscenza, così come al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Infine, si tiene a precisare che la presente richiesta di intervento non riguarda tutte le attività che rientrano nell’artigianato artistico (contraddistinte da circa 40 differenti codici ATECO), ma soltanto le attività riconducibili al settore del restauro dei beni culturali, rientranti prevalentemente nel solo codice ATECO 90.03.02, che per le ragioni sopra esposte si chiede di voler ricomprendere tra quelle autorizzate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020 e ricomprese nell’allegato 3 del decreto stesso.
Fiduciosi che la presente richiesta possa essere seriamente presa in considerazione, anche per via del modestissimo impatto che la ripresa di tali attività avrebbe sul tessuto sociale e sulla salute pubblica, auspichiamo un Suo fattivo intervento - come quello avutosi il 25 marzo scorso, con cui è stato modificato l’elenco dei codici di cui all’allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020 - in vista della data del 4 maggio 2020, data a partire dalla quale inizieranno ad applicarsi le disposizioni del d.p.c.m. 26 aprile 2020.
ASSOCIAZIONE LA RAGIONE DEL RESTAURO
IL PRESIDENTE
Silvia Mangionello