sabato 8 aprile 2017

Restauratori/lavapiatti

Una professione meravigliosa quella del Restauratore, che ci distingue nel mondo..eppure in Italia attendiamo da 16 anni il riconoscimento della qualifica da parte del Mibact e nel frattempo, schiacciati dagli interessi prevalenti delle imprese edili, i lavori sono sempre meno e mal pagati. Il pensiero di arrendersi ogni giorno è dietro l'angolo! (Cit. A. Docci)

MAKING WASHI

Workshop “和紙 (WASHI), un mondo di carta”
L’associazione Fuji in collaborazione con il Maestro Akiyama Nobushige, artista a tutto tondo e specializzato in produzione di washi (carta giapponese) secondo il metodo tradizionale del Giappone, ha organizzato Sabato 8 aprile 2017 un workshop in cui abbiamo avuto la possibilità di conoscere la storia di questo tipo di carta e di produrla con l’aiuto degli strumenti tradizionali.

“In Giappone lo sviluppo della carta avvenne parallelamente alla diffusione del buddismo. Nel VII secolo la necessità di realizzare copie dei testi sacri e le esigenze dell’apparato burocratico del nuovo stato centralizzato alimentarono una forte domanda, tanto che la produzione della carta divenne una questione di rilevanza nazionale. All’inizio dell’VIII secolo fu fondata a Kyoto una manifattura statale di carta (Kamiyain) dove venivano lavorati con le migliori tecniche materie prime selezionate provenienti da ogni regione del paese.
La materia prima per produrre la carta in Giappone si ricava da tre specie vegetali: il kōzo della famiglia dei gelsi, il ganpi e il mitsumata della famiglia delle thymelaeaceae: di queste piante vengono utilizzate le fibre del libro.
Il materiale più diffuso è il kōzo. La sua coltivazione è semplice, i raccolti sono costanti e le fibre, lunghe da 8 a 10 millimetri, sono particolarmente adatte per produrre una carta resistente e durevole: per queste ragioni ancora oggi la maggior parte della carta giapponese washi è prodotta con il kōzo.
Il ganpi, della famiglia delle thymelaeaceae, sin dall’antichità è stata utilizzata per produrre la carta esclusivamente in Giappone; essendo diffice da coltivare ancora adesso si raccolgono esemplari selvatici. Le fibre sono corte, da 3 a 5 millimetri e se ne ricava una carta di grande bellezza, lucente e traslucida, caratterizzata inoltre dalla grana molto fine ma resistente dovuta alla viscosità delle fibre. Nel medioevo la carta di ganpi era chiamata, per il colore che ricorda quello delle uova, torinokokami (“carta dei piccoli di uccello”) ed era definita “la regina delle carte”.
Anche il mitsumata appartiene alle thymelaeaceae. Le fibre sono corte, da 3 a 5 millimetri. Deve il suo nome (“tridente”) alla caratteristica ramificazione. In Giappone è la materia prima principale della produzione di banconote.

RIF. COMUNICATO STAMPA



Chiaramente non ho potuto mancare, ed insieme all'amica cartaia Antonella Fanni, ho finalmente fabbricato un foglio di WASHI! Ora cercherò di farne degli altri impiegando i metodi provati e usando la materia prima recuperata dai ritagli dei vari fogli che normalmente uso e che negli anni ho gelosamente immagazzinato.

Di seguito qualche immagine della bellissima esperienza


BATTITURA DI KOZO
SFIBRATURA DELLE FIBRE DI KOZO


SCOLATURA
RIMOZIONE DEL TELAO


ASCIUGATURA DEL FOGLIO FINITO


domenica 19 marzo 2017

Nothing is impossible

Niente è impossibile,
nemmeno una vertebra rotta può fermarti,
se il tuo sogno è superare il guinnes dei primati facendo il giro del mondo in bicicletta.

Quanta forza, coraggio, determinazione e serenità ho sentito stasera nelle parole di Paola, nella sua presenza, nei suoi sogni




All'interno del libro, molto più di una dedica manoscritta; 
un motto di vita:

"Per non arrenderti mai.
Per ricordarti che i nostri limiti sono solo mentali.
Per continuare a sognare con testa, gambe e cuore sulle strade del mondo"







giovedì 16 marzo 2017

Profumo di pane appena sfornato...

Facebook mi ricorda questo pensiero di sette anni fa,  sempre persistente...

"Profumo di pane appena sfornato: mi ricorda quando facevo la commessa in forneria. La mia professione è, infatti, frutto di tanto studio ed esperienza, ma anche di svariati lavori, che nel tempo ho fatto per potermi mantenere e che, in qualche maniera, tuttora mi aiutano. La crisi economica, il mancato riconoscimento del titolo e l'aver ricominciato da capo da sola, 5 anni fa (oggi festeggio il trasloco!!!), sono certamente difficoltà per una professione complicata e un settore di nicchia."

domenica 12 marzo 2017

L'era della carta - Daniele Papuli

Da ieri, La galleria Colossi Arte contemporanea di Brescia propone la mostra di Daniele Papuli, anomalo scultore milanese, che per le sue opere preferisce la carta, alle tipiche materie prime. Avvicinatosi a questo prodotto in seguito ad un viaggio a Berlino, ove ne vide la fabbricazione, rimanendone affascinato per la sua "voluttuosa morbidezza, per il sapore ancestrale che stimola la percezione sensoriale".

Daniele ama la carta, la sente, ci dialoga.....

Per eseguire le sue opere, pertanto, sceglie accuratamente cartoncini di media grammatura, spesso li tinge personalmente e rifila a mano, sfruttando il taglio del foglio che, sapientemente domato, crea forme, luci ed ombre. Sono proprio queste ultime che dialogano con l'osservatore, attirandolo all'interno dei meandri e delle sinuose volumetrie che costituiscono le sculture.

Inutile dire che adoro il suo operato; ne sono rimasta rapita lo scorso anno. Finalemente ieri, all'inaugurazione della mostra, ho avuto la fortuna di conoscere Daniele e con lui dialogare, in una condivisione di sensazioni e di conoscenze. La carta è un materiale magico! Ora non vedo l'ora di andare a vedere il suo studio.....



"qui c'è la carta, sola, muta, senza parola alcuna e la poesia la fa la forma con cui è toccata, il colore non dato ma ad essa sostanziale e per il quale è scelta, e poc'altro ancora." cit. Raffaella A. Caruso








                                                            


per info: 
Colossi Arte Contemporanea
Corsia del Gambero, 13
25121 Brescia
www.colossiarte.it



 

sabato 11 marzo 2017

Piccole grandi gioie

Tornare a casa e trovare nella cassetta della posta un plico spedito da Cambridge,  contenente il catalogo della mostra dove sono esposte tre xilografie da te restaurate...

Ricevere la telefonata del cliente che ti fa i complimenti e ringrazia per il lavoro eseguito,  nonostante tu abbia tenuto via la sua opera per oltre un anno...

Piccole grandi gioie di un lavoro, che è la tua passione. Questo fa capire che gli sforzi per arrivare fin qua sono valsi la pena.

mercoledì 8 febbraio 2017

Sarenco addio

In questi giorni è mancato Sarenco, poeta visivo, bresciano di nascita, ma africano di Patria.

Ho avuto la fortuna di conoscerlo, poichè suo figlio è stato mio alunno, nonchè veder molte sue opere, conservate alla Fondazione Berardelli.

La sua connessione con l'Africa è tangibile nei materiali, nelle iconografie e nella poetica. 
Lascia un vuoto, colmo di parole ed evocazioni.

http://frammentidicarta.blogspot.it/2015/04/i-70-di-sarenco.html



domenica 5 febbraio 2017

Clichè verre

Da quando la mia strada ha incrociato il mondo del restauro, gusto e vivo le mostre diversamente; osservo le opere indagando principalmente l'oggetto, perdendo il soggetto. Questo lo recupero solo in un secondo momento. Così la mia attenzione è in primis attirata dagli stati di conservazione, dai montaggi, dai restauri e dalle tecniche d'esecuzione. Acquisisco nuove informazioni, in un continuo e  infinito aggiornamento professionale.

Oggi alla mostra Dada ho incontrato una tecnica a me sconosciuta il clichè verre. Di questa ho trovato un'esauriente descrizione nel blog di http://ginodigrazia.altervista.org/ e che di seguito copio-incollo



La Gravure Diaphane  o Clichés-verre

Cliché Verre è una tecnica fotografica tradizionale, dove un artista di solito attira su di una lastra trasparente (di solito vetro) e quindi espone il risultato su carta fotografica. Il processo di Cliché Verre a cavallo del confine tra fotografia e incisione. disegni, dipinti su vetro in vernice o pittura ad olio, o graffiato in emulsione di una piastra appannata ed elaborata utilizzando un ago dell’ acquaforte. i risultati sono poi stampati o ampliati su carta da stampa fotografica.

Cliché-verre  dal francese, Cliché – vetro”, blocco stampa di vetro e’ una stampa manuale a pressione su una lastre di vetro (acidata) con processi fotochimici. è stato sviluppato intorno al 1855, la tecnica fu utilizzata principalmente da Camille Corot.  Dopo le prime sperimentazioni di Fox Talbot del 1839 e la prima apparizione ufficiale, nel 1851, di una caricatura di George Cruikshank ove era scritto “Etched on Glass” si conoscono le suggestive immagini degli artisti sperimentatori, Corot, Delacroix, i maestri di Barbizon, Rops, gli italiani Fontanesi e Borromeo, relativamente al XIX secolo, Man Ray, Tal Coat, Ernst, Brassaï, Tabard, Hirtzel, Stalder nel XX secolo*.

Il tipo più semplice di processo è da applicare su una lastra di vetro un rivestimento opaco (Ad esempio, asfalto)  e poi su questo strato fare un disegno. Dopo aver posizionato la lastra di vetro (in una camera oscura) su carta fotografica, la luce arriva all’esposizione  solo sui punti esposti, scavati con gli aghi di incisione sul supporto dell’immagine fotosensibile. Il disegno è inciso ed e’ visibile nero su uno sfondo bianco sulla carta fotografica.

Il blocco stampa di vetro (Chiamato anche Incisione Diaphan o cliché verre) è una tecnica grafica usata soprattutto nella metà del 19 secolo, quando tra gli artisti francesi essa era molto popolare.

Si tratta di un ibrido tra fotografia e disegno a mano. I fogli sono stampe fotografiche create da una negativa creata a mano. la produzione di stampe Questo tipo di stampa manuale non è una semplice sostituzione di altre tecniche come l’ acquaforte, la litografia o l’ incisione. La costruzione della piastra negativa è relativamente semplice, ma richiede elevate capacità tecniche per ottenere la produzione di fogli di stampe originali, che non sono né troppo chiare né troppo scure. Un fotografo esperto può – come un  tipografo specializzato nel settore della stampa – influenzare la qualità delle stampe.

Questa tecnica è stata molto popolare specialmente nel gruppo dei pittori paesaggisti di Barbizon, un villaggio nella foresta di Fontainebleau in Francia.

Il suo periodo di massimo splendore fu di breve durata. Rapidamente scomparve dal repertorio dell’artista e sembra che fosse in primo luogo la sperimentazione, il bisogno che ha animato ad usare il cliché verre.

Gli artisti più importanti che hanno usato questa tecnica furono: Camille Corot (circa 66 disegni), Charles-Francois Daubigny (circa 18 disegni), Jean-Francois Millet (due disegni), Eugène Delacroix ( 1 disegno). Nel 20 ° secolo sperimentarono con questa tecnica artisti come Picasso, Man Ray e Brassai.

Per produrre un cliché verre, una lastra di vetro è rivestita con uno strato opaco (spesso di colore scuro, inchiostro o collodio) (Kollodium). Può essere inchiostrata sopra la luce e posizionata su uno sfondo scuro, per meglio seguire il processo creativo.

Il disegno si ottiene graffiando con aghi di incisione sul rivestimento della lastra di vetro. Quando si tracciano le linee del disegno queste appaiono attraverso lo sfondo scuro aperte in bianco e nero.  Nei luoghi incisi la piastra è trasparente. Esposta alla luce su una  lastra di vetro rivestita fotosensibile con o una carta fotografica, il disegno inciso appare in positivo, il disegni e’ capovolto e in questo modo fotochimico puo’ essere riprodotto a piacere.

Nell’accezione originaria lastra di vetro rivestita di vernice nera o dipinta con vernici semitrasparenti o sensibilizzata e sviluppata dopo esposizione uniforme alla luce, sulla quale è possibile disegnare con uno strumento appuntito, successivamente utilizzata quale matrice negativa per stampe fotografiche a contatto o per ingrandimento, combinando manualità e processo fotografico consentendo all’autore di recuperare in toto il proprio ruolo creativo pur misurandosi con la tecnica di stampa fotografica e con le possibilità di esposizione dell’immagine che questa comporta. Messa a punto in lnghilterra tra 1835 e 1839 da William Henry Fox Talbot e dai fratelli W.E.F. Havell con J.T. Willmore, questa tecnica è stata praticata solo a partire dai primi anni cinquanta dell’Ottocento, dopo l’invenzione delle lastre al collodio, in particolare dal pittore J.B.C. Corot e da altri della scuola di Barbizon in Francia e dopo la metà Ottocento da A. Fontanesi e V. Cabianca in Italia. Il cliché-verre è stato più volte reinventato da autori diversi, tra cui Picasso (1932-1937), Brassai (1934-1935), F. Sommer (1857-1980) e dal fotografo italiano Nino Migliori (1950-1970).

Cliché Verre è una combinazione di arte e fotografia. In breve, è un metodo di incisione o, pittura o disegno su una superficie trasparente, come il vetro, carta o pellicola sottile e stampare l’immagine risultante su una carta sensibile alla luce in una camera oscura fotografico. Si tratta di un primo processo praticata da un certo numero di pittori francesi nel corso del 19 ° secolo. Il paesaggista francese pittore Camille Corot era il più noto di questi. Alcuni artisti contemporanei hanno sviluppato tecniche per realizzare una varietà di linea, il tono, la consistenza e il colore attraverso la sperimentazione di film, satinato Mylar , vernici e inchiostri e un vasto assortimento di strumenti per la pittura, incisione, graffio, allo sfregamento e imbrattare.   Cliché Verre è un termine francese. Cliché è un termine di stampa: un cast da lastra di stampa, mentre verre significa vetro.   Cliché Verre è stata una delle prime forme di riproduzione delle immagini prima dell’avvento della macchina fotografica. Come un precursore alla fotografia, Cliché Verre potrebbe rappresentare fedelmente la scena originale, senza le variazioni di tonalità disponibili nel campo della fotografia moderna.

E’ una tecnica fotografica in cui il fotografo incide l’immagine su un pezzo di vetro che è stato affumicato sopra con una candela.   Dopo che l’ artista disegna l’immagine, mette un pezzo di carta fotosensibile su di esso e lo lascia al sole, per cui l’immagine viene trasferita sulla carta. Un certo numero di stampe può essere effettuata utilizzando lo stesso pezzo di vetro.  Quando il vetro non e’ stato inciso, la carta risulterebbe più scura perché era in questi luoghi che la luce è in grado di passare attraverso il vetro e il colore della carta fotosensibile.

Cliché-verre , una tecnica ibrida, al confine tra fotografia e incisione. L’immagine viene disegnata con un bulino o altro strumento appuntito su una lastra di vetro rivestita con uno strato opaco di collodio e collocato su una superficie nera. Ogni colpo rimuove una striscia di collodio, e il disegno appare in nero in cui è esposto il vetro. Quando il disegno è finito, la stampa viene effettuata su carta salata come nella fotografia tradizionale. Il risultato è un disegno riproducibile con mezzi fotografici. La procedura è stata perfezionata c. 1853 dal fotografo francese Eugène Cuvelier (1837-1900), e utilizzato da pittori del Arras e la scuola di Barbizon (compresi amico Cuvelier di Camille Corot, Daubigny, Rousseau e Millet) tra il 1853 e il 1874. Varianti del processo sono stati utilizzati nel 20 ° secolo dal giovane Paul Klee, Man Ray , e Gyorgy Kepes

Questo processo è diminuito in popolarità dal 19 ° secolo, ma è bello vedere che gli artisti contemporanei sono ancora utilizzando questa tecnica. Courtney Johnson ha re-inventato questa tecnica per il 21 ° secolo;. l ‘artista dipinge sul vetro, scansioni in lastra di vetro come un negativo, e stampa poi il pezzo finale come immagine fotografica Nel contesto, l’opera descrive una transizione di tempo. Col passare del tempo il cambiamento paesaggi, i paesaggi di campagna diventata la città-paesaggi. I terreni sono comprato e costruito su. La rielaborazione della tradizionale tecnica Cliché Verre con il progresso tecnologico serve solo per evidenziare il passare del tempo.

Una volta era descritta come “ancella della scienza” ed è stata ignorata  come una forma d’arte valida. L’avvento della rivoluzione industriale era visto come “senz’anima”, così l’arte-forma nasce da nuove scoperte scientifiche e sono state respinte. Per fortuna, la fotografia è ora ampiamente accettata come una forma d’arte, ma prova che la storia dell’arte, della scienza e della fotografia è lungo e complicato.

Il disegno è graffiato su un pezzo di vetro affumicato, che viene posizionata su un foglio di carta sensibile ed esposto alla luce. L’area annerita del vetro funge da inchiostro, proteggendo il foglio sottostante dalla luce, quindi la creazione di linee nere sulla carta.

http://ginodigrazia.altervista.org/una-rara-tecnica-incisoria-il-cliche-verre-la-cosiddetta-gravure-diaphane/

Ammetto che se avessi tra le mani un'opera ottenuta con la tecnica del clichè verre, probabilmente, non la riconoscerei, ma forse, ora, potrei dubitarne l'impiego. L'arte moderna e contemporanea è piena di insidie, non solo per il supporto cartaceo costituito da nuove sostanze, ma anche da altri materiali di sintesi soprammessi: visitare mostre, fiere, studi d'artisti, laboratori d'artigiani, negozi di belle arti ecc.... è pertanto indispensabile per colmare le lacune ed acquisire più informazioni possibili. Non si smette mai di imparare, la curiosità e lo spirito d'osservazione sono parte importante della formazione.